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Separazione consensuale: revocabile fino all’omologazione, anche in extremis

2025-06-15 15:25

Avv. Davide Rocchi

Diritto civile, Diritto di famiglia, separazione, divorzio, avvocato,

Separazione consensuale: revocabile fino all’omologazione, anche in extremis

La separazione consensuale è revocabile fino all’omologazione: il Tribunale chiarisce i limiti del consenso e le differenze con il divorzio congiunto.

Una recente pronuncia del Tribunale di Venezia offre un importante spunto di riflessione per chi si occupa di diritto di famiglia. Il caso riguardava due coniugi che avevano depositato un ricorso congiunto per la separazione consensuale, accompagnato da un accordo completo in merito alla gestione dei figli e agli aspetti patrimoniali. Tuttavia, prima che il giudice potesse procedere all’omologazione, uno dei due ha comunicato il proprio ripensamento, esprimendo la volontà di non voler più separarsi.

A fronte di ciò, il Tribunale ha dichiarato il ricorso improcedibile, sottolineando che l’accordo non poteva dirsi perfezionato in mancanza della volontà congiunta delle parti fino alla fase decisoria, come richiesto dall’art. 473-bis.51 del codice di procedura civile.

L’accordo di separazione: natura giuridica e limiti

La decisione si basa sulla qualificazione dell’accordo di separazione come negozio bilaterale atipico a formazione progressiva. Tale accordo, seppur fondato sull’autonomia privata, richiede sempre la verifica e l’approvazione da parte dell’autorità giudiziaria. Il giudice, infatti, non si limita a ratificare quanto concordato, ma deve accertare che entrambe le parti mantengano la propria volontà fino all’omologazione.

Richiamando l’art. 1322, comma 2, del codice civile, il Tribunale ha osservato che simili accordi, pur non previsti espressamente dalla legge, sono legittimi se diretti a soddisfare interessi meritevoli di tutela. Tuttavia, la loro efficacia è subordinata al perdurare del consenso, che può essere revocato unilateralmente in qualsiasi momento prima dell’omologa. In tal caso, il giudice non ha facoltà di sindacare le ragioni del ripensamento, ma deve semplicemente prenderne atto.

La differenza con il divorzio congiunto

Diversa è invece la disciplina del divorzio congiunto, dove non si è di fronte a un accordo negoziale ma a una vera e propria domanda processuale proposta congiuntamente dai coniugi. Una volta presentata e discussa in udienza, tale domanda non può essere ritirata da uno solo dei coniugi.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha precisato che, in presenza di un’istanza congiunta di divorzio, l’eventuale revoca unilaterale non impedisce al giudice di procedere. Spetta infatti al Tribunale verificare la sussistenza dei presupposti per pronunciare il divorzio e valutare la conformità degli accordi raggiunti alle norme inderogabili e agli interessi dei figli.

Questo perché, mentre nella separazione consensuale il consenso resta pienamente disponibile fino all’omologazione, nel divorzio congiunto si traduce in un atto processuale che ha effetti costitutivi con la sentenza conclusiva.

Implicazioni pratiche e riflessioni

La decisione del Tribunale di Venezia ribadisce un principio fondamentale spesso trascurato: l’accordo di separazione non è definitivo finché non viene omologato. Pertanto, è legittimo che uno dei coniugi cambi idea anche all’ultimo momento, senza dover fornire giustificazioni. Questo rafforza il principio di autodeterminazione nella sfera familiare, garantendo che nessuno possa essere vincolato a una separazione contro la propria volontà.

È dunque fondamentale informare i clienti di questa possibilità, anche per prevenire fraintendimenti o aspettative errate.
Per consulenze legali è possibile scrivere a: avvocatodaviderocchi@gmail.com.


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